Naspi: che cos’è e a chi spetta
La Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) è una indennità mensile di disoccupazione, cioè un sostegno al reddito per i lavoratori che avevano un rapporto di lavoro subordinato e hanno perso involontariamente la propria occupazione. La Naspi non spetta, salvo specifiche situazioni, ai lavoratori che si dimettono o che hanno interrotto il rapporto di lavoro con una risoluzione consensuale.
La Naspi spetta a:
- lavoratori dipendenti;
- apprendisti;
- soci lavoratori di cooperativa;
- dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni;
- personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.
Non hanno diritto alla Naspi i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.
Chi rientra tra le categorie sopra citate e ha perso involontariamente il lavoro, può chiedere la Naspi se possiede tutti i seguenti requisiti:
- è in stato di disoccupazione (cioè privo di lavoro e immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa);
- può far valere almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione;
- può far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dalla loro durata oraria, nei 12 mesi precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione.
La Naspi spetta anche alla lavoratrice che ha dato le dimissioni durante il periodo di maternità (entro il 1° anno di vita del bambino) e in caso di dimissioni per giusta causa (ad esempio, in caso di mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali subite sul luogo di lavoro, modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative, mobbing, etc.).
In caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro la Naspi spetta solo se riconosciuta nell’ambito della procedura di conciliazione presso la Direzione territoriale del Lavoro, nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, oppure a seguito di rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 Km dalla propria residenza e/o raggiungibile in oltre 80 minuti con l’utilizzo dei mezzi pubblici.
Naspi: la domanda
Per ottenere la Naspi il lavoratore deve presentare la domanda entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
La disoccupazione spetta a partire dall’ 8° giorno successivo alla fine del rapporto di lavoro, se la domanda di Naspi è presentata entro l’ 8° giorno, oppure dal 1° giorno successivo alla data di presentazione della domanda, se inoltrata successivamente all’ 8° giorno.
Naspi: l’importo e la durata
La Naspi è calcolata in base alla retribuzione media percepita dal lavoratore negli ultimi 4 anni e per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contributi versati negli ultimi 4 anni (massimo 24 mesi).
- Se la retribuzione media mensile è uguale o inferiore a un importo stabilito dalla legge e annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo, la Naspi è pari al 75% della retribuzione stessa;
- Se la retribuzione media mensile è superiore a un importo stabilito dalla legge e annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo, la Naspi è pari al 75% di tale importo, sommato al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e tale cifra.
L’importo si riduce del 3% ogni mese a partire dal 1° giorno del 4° mese di fruizione.
La Naspi non può superare, in ogni caso, un importo mensile massimo annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
La Naspi è corrisposta mensilmente. Per il calcolo della durata non sono considerati i periodi contributivi per i quali sono già state riconosciute prestazioni di disoccupazione.
Naspi: quando si perde il diritto
Il lavoratore non ha più diritto alla Naspi nei seguenti casi:
- perdita dello stato di disoccupazione;
- mancata regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti;
- mancata ricerca attiva di una occupazione e rifiuto di un’offerta di lavoro congrua ;
- inizio di un’attività lavorativa subordinata senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- inizio di un’attività lavorativa autonoma senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
- accoglimento della domanda di assegno ordinario di invalidità, (a meno che il lavoratore non scelga di continuare a percepire la Naspi, se risulta più conveniente).
Naspi e contributi
Per i periodi di Naspi è riconosciuta la contribuzione figurativa, calcolata in proporzione alla retribuzione del lavoratore degli ultimi 4 anni, entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile della Naspi per l’anno in corso.
Naspi anticipata: incentivo all’autoimprenditorialità
Il lavoratore che ha diritto alla Naspi e vuole intraprendere un’attività di lavoro autonomo, avviare un’impresa individuale o associarsi in cooperativa, può chiedere la liquidazione anticipata, in un’unica soluzione, dell’importo complessivo dell’indennità non ancora percepita.
Entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale o dalla data di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa (pena la perdita del diritto) è necessario presentare la domanda di anticipazione.
Il lavoratore è tenuto a restituire per intero l’anticipazione dell’indennità in caso di attivazione di un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo di disoccupazione.
L’erogazione anticipata non dà diritto alla contribuzione figurativa e all’assegno per il nucleo familiare.
Naspi: cosa succede quando si ha un nuovo lavoro a termine
Per il lavoratore che durante il periodo di fruizione della Naspi trova un nuovo lavoro con contratto a tempo determinato di durata inferiore o pari a 6 mesi, se il reddito annuo della nuova attività è superiore a 8.000 € oppure è inferiore ma non viene comunicato all’Inps per ottenere il cumulo parziale, la Naspi viene sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie per la durata del rapporto di lavoro.
Al termine del contratto a tempo determinato la Naspi viene ripristinata d’ufficio e pagata per il periodo residuo.
Per il lavoratore che trova un nuovo lavoro con contratto a tempo determinato di durata inferiore, pari o superiore a 6 mesi, se il reddito annuo della nuova attività è inferiore a 8.000 € e viene comunicato all’Inps entro 30 giorni, la Naspi continuerà a essere corrisposta, seppur in misura ridotta.
Naspi: cosa succede quando si avvia un’attività autonoma
Il lavoratore che percepisce la Naspi e avvia un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, da cui prevede di ottenere un reddito inferiore al limite utile per la conservazione dello stato di disoccupazione, deve informare l’Inps entro 1 mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo presunto.
La Naspi verrà ridotta di un importo pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di produrre nel periodo che va dalla data di inizio dell’attività alla data di termine della Naspi oppure, se tale termine è antecedente, alla fine dell’anno. La riduzione è poi ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
La contribuzione obbligatoria versata in relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo ad accredito di contributi nella posizione assicurativa del lavoratore.
Dis coll: che cos’è e a chi spetta
La dis coll è una indennità mensile di disoccupazione per i lavoratori parasubordinati, iscritti esclusivamente alla gestione separata, che hanno perso involontariamente il lavoro.
La dis coll spetta a:
- collaboratori coordinati e continuativi (i cosiddetti co.co.co), anche con contratto a progetto;
- collaboratori delle pubbliche amministrazioni;
- assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio.
La dis coll spetta a chi:
- è in stato di disoccupazione, al momento della presentazione della domanda;
- ha almeno 3 mesi di contributi, nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente quello della fine del rapporto di lavoro alla data della perdita del lavoro.
Non hanno diritto alla dis coll:
- collaboratori pensionati;
- titolari di partita Iva, al momento della presentazione della domanda;
- amministratori, sindaci o revisori di società, di associazioni e altri enti, con o senza personalità giuridica.
Dis coll: la domanda
Per ottenere la dis coll, il lavoratore deve presentare la domanda entro 68 giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione, di assegno di ricerca o di dottorato di ricerca con borsa di studio, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
La dis coll spetta a partire dall’8° giorno successivo alla cessazione del contratto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’8° giorno, o dal 1° giorno successivo alla data di presentazione della domanda, se inoltrata successivamente all’8° giorno.
Dis coll: l’importo e la durata
La dis coll viene riconosciuta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contributi accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente quello della fine del rapporto di lavoro alla data della perdita del lavoro. La dis coll è calcolata in base al reddito imponibile che risulta dai versamenti contributivi, derivanti da rapporti di collaborazione, effettuati nell’anno in cui si è verificato l’evento di cessazione dal lavoro e nell’anno precedente.
• Se il reddito medio mensile è uguale o inferiore a un importo stabilito annualmente dalla legge, la dis coll è pari al 75% del reddito stesso;
• Se il reddito medio mensile è superiore a un importo stabilito annualmente dalla legge, la dis coll è pari al 75% di tale importo, sommato al 25% della differenza tra il reddito medio mensile e tale cifra.
L’importo della dis coll si riduce del 3% ogni mese, a partire dal 1° giorno del 4° mese di fruizione (cioè dal 91° giorno).
L’importo non può superare in ogni caso un importo mensile massimo stabilito annualmente.
La dis coll è corrisposta mensilmente e non può superare la durata massima di 6 mesi.
Per il calcolo della durata non sono considerati i periodi contributivi per i quali sono già state riconosciute prestazioni di disoccupazione.
Dis coll: quando si perde il diritto
Il lavoratore non ha più diritto alla dis coll nei seguenti casi:
- perdita dello stato di disoccupazione;
- mancata regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti;
- mancata ricerca attiva di una occupazione e rifiuto di un’offerta di lavoro congrua;
- inizio di un’attività lavorativa subordinata con contratto di lavoro di durata superiore a 5 giorni;
- inizio di un’attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
- accoglimento della domanda di assegno ordinario di invalidità, (a meno che il lavoratore non scelga di continuare a prendere la dis coll, se risulta più conveniente).
Dis coll e contributi
Per i periodi di utilizzo della dis coll non sono riconosciuti i contributi figurativi.
Dis coll: cosa succede quando si ha un nuovo lavoro subordinato
Per il lavoratore che ha la dis coll e trova una nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, della durata pari o inferiore a 5 giorni, l’indennità viene sospesa d’ufficio. Al termine del contratto, la dis coll viene ripristinata d’ufficio e pagata per il periodo residuo.
Il lavoratore che trova una nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato, della durata superiore a 5 giorni, perde il diritto alla dis coll.
Dis coll: cosa succede quando si avvia un’attività autonoma o una collaborazione
Il lavoratore che ha la dis coll può intraprendere un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale oppure un’attività di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto.
In questo caso, se il lavoratore prevede di ottenere un reddito inferiore al limite utile per la conservazione dello stato di disoccupazione, deve informare l’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività o dalla data di presentazione della domanda di dis coll se l’attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo presunto.
L’importo della dis coll verrà ridotto di un importo pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di percepire, nel periodo che va dalla data di inizio dell’attività autonoma o di collaborazione alla data di termine della dis coll o, se antecedente, alla fine dell’anno. La riduzione è poi ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
In caso di mancata comunicazione del reddito, il lavoratore perde il diritto alla dis coll, a partire dalla data di inizio dell’attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di collaborazione.
Dis coll: cosa succede in caso di lavoro occasionale
Il lavoratore che ha la dis coll e effettua prestazioni di lavoro occasionale, può cumulare la dis coll con i compensi che ne derivano fino a un massimo di 5.000 € all’anno.
In questo caso, il lavoratore non è tenuto a comunicare alcun reddito all’Inps.
Disoccupazione agricola: che cos’è e a chi spetta
La disoccupazione agricola è un’indennità che spetta agli operai che lavorano in agricoltura, iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli.
Possono richiedere la disoccupazione agricola:
- operai agricoli a tempo determinato;
- piccoli coloni;
- compartecipanti familiari;
- lavoratori agricoli proprietari di piccoli appezzamenti di terreni iscritti negli elenchi nominativi per meno di 51 giornate; questi lavoratori possono riscattare, a integrazione, le giornate di lavoro effettuate nel proprio terreno, per raggiungere il diritto alla disoccupazione.
- operai agricoli a tempo indeterminato che lavorano per parte dell’anno.
Hanno diritto alla disoccupazione agricola anche le lavoratrici madri che si dimettono nel corso del periodo di puerperio.
Per aver diritto alla disoccupazione agricola è necessario:
- essere iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli relativi all’anno per il quale è richiesta la disoccupazione;
- avere 2 anni di anzianità assicurativa;
- avere almeno 102 contributi giornalieri nel periodo che va dall’anno per il quale è richiesta la disoccupazione all’anno precedente.
La disoccupazione agricola non spetta a:
- lavoratori iscritti a gestioni autonome (artigiani, commercianti, coltivatori diretti) o gestione separata per l’intero anno;
- lavoratori iscritti a gestioni autonome o gestione separata per una parte dell’anno, quando il numero delle giornate di iscrizione è superiore al numero di giornate di lavoro dipendente agricolo;
- lavoratori già titolari di pensione diretta al 1° gennaio dell’anno per cui si chiede la disoccupazione agricola. Nel caso di pensionamento nel corso dell’anno, il numero delle giornate di disoccupazione agricola viene riproporzionato in base ai mesi di lavoro agricolo precedenti alla decorrenza della pensione;
- lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale;
- lavoratori che si dimettono volontariamente.
Disoccupazione agricola: la domanda
Per ottenere la disoccupazione agricola il lavoratore deve presentare la domanda entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui ha lavorato, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
Disoccupazione agricola: l’importo e la durata
L’importo giornaliero della disoccupazione agricola ammonta al 40% della retribuzione più alta tra le seguenti:
- retribuzione stabilita dal contratto collettivo provinciale di categoria;
- retribuzione concordata individualmente tra datore di lavoro e lavoratore;
- minimale valido per la generalità dei lavoratori.
Dall’importo viene detratto il 9% per ogni giornata di disoccupazione agricola erogata a titolo di contributo di solidarietà. Questa trattenuta viene effettuata per un massimo di 150 giorni.
Per gli operai agricoli a tempo indeterminato la disoccupazione agricola ammonta al 30% del salario effettivamente percepito. La trattenuta per il contributo di solidarietà non viene applicata.
La disoccupazione agricola è riconosciuta in base al numero di giornate effettivamente lavorate nell’anno di riferimento, così come riportate negli elenchi nominativi degli operai agricoli dipendenti. Tale numero non può, comunque, essere superiore alla differenza tra 365 giorni e le giornate di effettiva occupazione – in attività agricola e non agricola – prestate nell’anno di riferimento.
Non viene corrisposta la disoccupazione agricola per le giornate relative a particolari eventi coperti da altre prestazioni economiche di carattere previdenziale, quali malattia, maternità, infortunio sul lavoro, etc.
Disoccupazione agricola e contributi
Per i periodi di disoccupazione agricola è riconosciuta la contribuzione figurativa.
Le giornate per cui vengono riconosciuti i contributi figurativi sono utili per la pensione.
Disoccupazione agricola e assegni al nucleo familiare
Al momento della presentazione della domanda di disoccupazione agricola è possibile chiedere anche l’assegno per il nucleo familiare (ANF), entro 5 anni a partire dall’anno a cui si riferisce la richiesta).
L’Inps paga l’assegno per il nucleo familiare in base all’importo della disoccupazione agricola e, solo per gli operai agricoli a tempo determinato, in base all’attività lavorativa prestata (giornate di iscrizione negli elenchi anagrafici).
L’ANF spetta per l’intero anno agli operai agricoli a tempo determinato (otd), iscritti negli elenchi nominativi per almeno 102 giornate di lavoro all’anno, anche se non hanno diritto alla disoccupazione agricola.
I requisiti relativi al reddito e alla composizione del nucleo familiare per ottenere l’assegno per il nucleo familiare sono gli stessi previsti per i lavoratori dipendenti.
Indennità di mobilità: che cos’è e a chi spetta
L’indennità di mobilità è una prestazione a sostegno del reddito riconosciuta ai lavoratori dipendenti di imprese industriali, diverse da quelle edili, in caso di licenziamento collettivo per cessazione di attività aziendale o per riduzione di personale.
Questa prestazione è valida soltanto per chi ne è già beneficiario e dal 1° gennaio 2017 è stata cancellata e non può più essere richiesta.
Indennità di mobilità e attività lavorativa
Per i titolari di indennità di mobilità al 30 dicembre 2016 è prevista la sospensione della prestazione in caso di rioccupazione a tempo determinato e la liquidazione anticipata per intraprendere un’attività di lavoro autonomo.
In particolare:
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e accetta una offerta di lavoro subordinato a tempo determinato o part time mantiene l’iscrizione alla lista di mobilità. L’indennità di mobilità verrà sospesa per tutta la durata del rapporto di lavoro (massimo 12 mesi). L’inizio dell’attività deve essere comunicata all’Inps entro 5 giorni. Se non invia la comunicazione o lo fa oltre i termini, il lavoratore viene cancellato dalla lista di mobilità e perde il diritto al resto dell’indennità di mobilità;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e inizia un nuovo lavoro con contratto a tempo pieno e indeterminato viene cancellato dalla lista di mobilità e perde il diritto all’indennità di mobilità, a partire dalla data di assunzione;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e avvia un’attività autonoma o si associa in cooperativa può chiedere il pagamento anticipato dell’indennità di mobilità per il periodo residuo;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità può intraprendere un’attività autonoma o attivare una collaborazione coordinata e continuativa. In questi casi, se il reddito guadagnato rientra nel limite fissato per conservare lo stato di disoccupazione(8.000 € per le collaborazioni e 4.800 € per il lavoro autonomo), il reddito si può cumulare con l’indennità di mobilità, fino a raggiungerela retribuzione che spettava al lavoratore nel momento in cui era stato messo in mobilità. Entro 5 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa autonoma, il lavoratore deve comunicare all’Inps il reddito che prevede di ottenere nel corso dell’anno solare e, al termine dell’anno solare (entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi), dovrà fornire riscontro in merito al reddito effettivamente ottenuto. L’Inps, procederà all’eventuale conguaglio delle somme spettanti o al recupero delle somme pagate in più rispetto alla retribuzione che spettava al lavoratore nel momento in cui era stato messo in mobilità. Il superamento del limite annuale causa, invece, la cancellazione dalla lista di mobilità e la perdita dell’indennità dalla data di inizio dell’attività lavorativa perché è venuto a mancare lo stato di disoccupazione.
Cassa integrazione salariale (Cig): che cos’è
La cassa integrazione salariale (Cig) è un ammortizzatore sociale che sostituisce e/o integra la retribuzione dei lavoratori dipendenti (compresi gli apprendisti ed esclusi i dirigenti e i lavoratori a domicilio) sospesi o a orario ridotto perché occupati in aziende in situazione di difficoltà produttiva, impegnate in processi di riorganizzazione o con contratti di solidarietà.
La domanda viene presentata all’Inps direttamente dal datore di lavoro.
Esistono due tipologie: la cassa integrazione ordinaria e la cassa integrazione straordinaria.
Cassa integrazione salariale (Cig): l’importo
La cassa integrazione salariale (Cig) è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore se avesse continuato a lavorare e viene riconosciuta per le ore di lavoro non prestate (per un massimo di 40 ore settimanali). Generalmente, la Cig viene pagata dal datore di lavoro o, in caso di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’azienda, direttamente dall’Inps.
Cassa integrazione ordinaria (Cig): compatibilità con il lavoro
Il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di cassa integrazione salariale (Cig):
- deve comunicarlo subito all’Inps (valgono anche le comunicazioni obbligatorie rilasciate direttamente dal datore di lavoro);
- non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate, anche se l’attività era iniziata prima del collocamento del lavoratore in cassa integrazione.
Per i periodi di cassa integrazione vengono riconosciuti d’ufficio i contributi figurativi.
Indennità di malattia per i lavoratori dipendenti: che cos’è e come funziona
L’indennità di malattia sostituisce la retribuzione, per i lavoratori dipendenti e gli apprendisti, durante le assenze per malattia per le quali si è impossibilitati – totalmente o parzialmente – a lavorare.
L’indennità di malattia è riconosciuta per un massimo di 180 giorni nell’anno solare.
Si ha diritto all‘indennità di malattia:
- fin dal primo giorno di lavoro;
- per tutta la durata del rapporto di lavoro;
- per 60 giorni successivi alla sospensione o cessazione del rapporto di lavoro (in tal caso l’importo è ridotto a 2/3 della misura normale).
Indennità di malattia: cosa deve fare il lavoratore?
Nei casi di assenza per malattia, il lavoratore deve:
- recarsi dal proprio medico curante che invierà direttamente all’Inps il certificato medico; in caso di ricovero, lo rilascerà la struttura sanitaria;
- rimanere presso il domicilio indicato nel certificato medico, per l’eventuale controllo fiscale, per tutti i giorni di durata della malattia:
- lavoratori del settore privato – dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19;
- lavoratori del pubblico impiego – dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18.
Se l’assenza nelle fasce orarie di reperibilità è legata a patologie e situazioni particolarmente gravi come, ad esempio, quelle che richiedono terapie salvavita, il lavoratore dipendente, sia privato che pubblico, non è tenuto a rispettarle.
Indennità di malattia: l’importo
Per la maggior parte dei settori lavorativi, l’importo dell’indennità di malattia è pari:
- al 50% della retribuzione media giornaliera del mese precedente all’inizio della malattia, per i primi 20 giorni;
- al 66,66% della retribuzione media giornaliera del mese precedente all’inizio della malattia, per i giorni successivi al 20°.
I contratti collettivi di lavoro prevedono quasi sempre che le percentuali siano integrate dal datore di lavoro, fino a garantire il 100% della normale retribuzione.
Per i primi 3 giorni di assenza dal lavoro, l’indennità di malattia è a carico del datore di lavoro. Dal 4° giorno in poi, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro ma è a carico dell’Inps.
L’indennità di malattia è invece pagata direttamente dall’Inps per:
- lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati;
- lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno effettuato meno di 31 giorni di lavoro nei 12 mesi precedenti all’evento morboso, oppure che hanno svolto un periodo di lavoro inferiore ai periodi di malattia;
- lavoratori disoccupati o sospesi senza trattamento di Cassa integrazione guadagni (Cig);
- lavoratori dipendenti da impresa in procedura di fallimento.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: come funziona
L’indennità di malattia spetta anche ai lavoratori iscritti alla gestione separata, non pensionati e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
L’indennità di malattia spetta al lavoratore che:
- ha almeno 3 mesi di contributi accreditati nei 12 mesi che precedono l’inizio della malattia;
- nei 3 mesi, ha avuto un reddito individuale, con contributi versati nella gestione separata, non superiore al 70% del massimale contributivo rivalutato ogni anno.
L’indennità di malattia è riconosciuta per un massimo di giorni pari a 1/6 della durata complessiva del rapporto di lavoro (61 giorni nell’anno solare) e per un periodo non inferiore a 20 giorni nell’arco dell’anno solare, a esclusione delle malattie di durata inferiore a 4 giorni.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: l’importo
L’indennità di malattia è calcolata applicando le seguenti percentuali all’importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo relativo all’anno in cui ha avuto inizio la malattia:
- 4% se risultano accreditati da 3 a 4 mesi di contributi;
- 6% se risultano accreditati da 5 a 8 mesi di contributi;
- 8% se risultano accreditati da 9 a 12 mesi di contributi.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: cosa deve fare il lavoratore?
Nei casi di assenza per malattia, il lavoratore deve:
- recarsi dal proprio medico curante che invierà direttamente all’Inps il certificato medico;
- rimanere presso il domicilio indicato nel certificato medico, per l’eventuale controllo fiscale, per tutti i giorni di durata della malattia dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.
Per ottenere l’indennità di malattia il lavoratore può rivolgersi alla sede Inas Cisl più vicina per presentare la domanda.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: malattie oncologiche e gravi patologie croniche
Per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata, i periodi di malattia, certificata come legata a cure per malattie oncologiche o di gravi patologie cronico-degenerative o che comunque comportano una inabilità lavorativa temporanea del 100%, prevedono un trattamento uguale a quello previsto per la degenza ospedaliera.
In sostanza, cambiano i tempi per la presentazione della certificazione sanitaria e della domanda per ottenere l’indennità di malattia, la durata della tutela (da un massimo di 61 giorni annui a un massimo di 180 giorni annui) e l’ammontare del trattamento economico.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: versamenti dei contributi in caso di malattia o infortunio grave
Se il lavoratore è vittima di una malattia o di un infortunio così grave da impedirgli di lavorare per oltre 60 giorni, può sospendere il versamento dei
contributi e dei premi assicurativi per l’intera durata della malattia o dell’infortunio, fino a un massimo di 2 anni, trascorsi i quali è tenuto a pagare quanto maturato in un numero di rate mensili pari a 3 volte i mesi di sospensione.
Per presentare la domanda di indennità di malattia rivolgiti alla sede Inas Cisl più vicina.
Indennità di malattia per gli iscritti alla gestione separata: ricovero ospedaliero
I lavoratori iscritti alla gestione separata, non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, hanno diritto a una indennità in caso di ricovero ospedaliero, in strutture pubbliche o private, accreditate dal servizio sanitario nazionale oppure presso strutture ospedaliere estere da questo autorizzate o riconosciute.
L’indennità di malattia per ricovero ospedaliero spetta al lavoratore che:
- ha almeno 3 mesi di contributi accreditati nei 12 mesi che precedono l’inizio del ricovero;
- nell’anno solare che precede l’inizio del ricovero, ha avuto un reddito individuale, con contributi versati nella gestione separata, non superiore al 70% del massimale contributivo rivalutato ogni anno.
L’indennità di malattia, in questo caso, spetta per un massimo di 180 giorni nell’anno solare ed è calcolata applicando le seguenti percentuali sull’importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo valido per l’anno solare nel quale ha avuto inizio l’evento:
- 8% se risultano accreditati da 3 a 4 mesi di contributi;
- 12% se risultano accreditati da 5 a 8 mesi di contributi;
- 16% se risultano accreditati da 9 a 12 mesi di contributi.
Naspi: che cos’è e a chi spetta
La Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) è una indennità mensile di disoccupazione, cioè un sostegno al reddito per i lavoratori che avevano un rapporto di lavoro subordinato e hanno perso involontariamente la propria occupazione. La Naspi non spetta, salvo specifiche situazioni, ai lavoratori che si dimettono o che hanno interrotto il rapporto di lavoro con una risoluzione consensuale.
La Naspi spetta a:
- lavoratori dipendenti;
- apprendisti;
- soci lavoratori di cooperativa;
- dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni;
- personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.
Non hanno diritto alla Naspi i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.
Chi rientra tra le categorie sopra citate e ha perso involontariamente il lavoro, può chiedere la Naspi se possiede tutti i seguenti requisiti:
- è in stato di disoccupazione (cioè privo di lavoro e immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa);
- può far valere almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione;
- può far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dalla loro durata oraria, nei 12 mesi precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione.
La Naspi spetta anche alla lavoratrice che ha dato le dimissioni durante il periodo di maternità (entro il 1° anno di vita del bambino) e in caso di dimissioni per giusta causa (ad esempio, in caso di mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali subite sul luogo di lavoro, modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative, mobbing, etc.).
In caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro la Naspi spetta solo se riconosciuta nell’ambito della procedura di conciliazione presso la Direzione territoriale del Lavoro, nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, oppure a seguito di rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 Km dalla propria residenza e/o raggiungibile in oltre 80 minuti con l’utilizzo dei mezzi pubblici.
Naspi: la domanda
Per ottenere la Naspi il lavoratore deve presentare la domanda entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
La disoccupazione spetta a partire dall’ 8° giorno successivo alla fine del rapporto di lavoro, se la domanda di Naspi è presentata entro l’ 8° giorno, oppure dal 1° giorno successivo alla data di presentazione della domanda, se inoltrata successivamente all’ 8° giorno.
Naspi: l’importo e la durata
La Naspi è calcolata in base alla retribuzione media percepita dal lavoratore negli ultimi 4 anni e per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contributi versati negli ultimi 4 anni (massimo 24 mesi).
- Se la retribuzione media mensile è uguale o inferiore a un importo stabilito dalla legge e annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo, la Naspi è pari al 75% della retribuzione stessa;
- Se la retribuzione media mensile è superiore a un importo stabilito dalla legge e annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo, la Naspi è pari al 75% di tale importo, sommato al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e tale cifra.
L’importo si riduce del 3% ogni mese a partire dal 1° giorno del 4° mese di fruizione.
La Naspi non può superare, in ogni caso, un importo mensile massimo annualmente rivalutato sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
La Naspi è corrisposta mensilmente. Per il calcolo della durata non sono considerati i periodi contributivi per i quali sono già state riconosciute prestazioni di disoccupazione.
Naspi: quando si perde il diritto
Il lavoratore non ha più diritto alla Naspi nei seguenti casi:
- perdita dello stato di disoccupazione;
- mancata regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti;
- mancata ricerca attiva di una occupazione e rifiuto di un’offerta di lavoro congrua ;
- inizio di un’attività lavorativa subordinata senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- inizio di un’attività lavorativa autonoma senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
- accoglimento della domanda di assegno ordinario di invalidità, (a meno che il lavoratore non scelga di continuare a percepire la Naspi, se risulta più conveniente).
Naspi e contributi
Per i periodi di Naspi è riconosciuta la contribuzione figurativa, calcolata in proporzione alla retribuzione del lavoratore degli ultimi 4 anni, entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile della Naspi per l’anno in corso.
Naspi anticipata: incentivo all’autoimprenditorialità
Il lavoratore che ha diritto alla Naspi e vuole intraprendere un’attività di lavoro autonomo, avviare un’impresa individuale o associarsi in cooperativa, può chiedere la liquidazione anticipata, in un’unica soluzione, dell’importo complessivo dell’indennità non ancora percepita.
Entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale o dalla data di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa (pena la perdita del diritto) è necessario presentare la domanda di anticipazione.
Il lavoratore è tenuto a restituire per intero l’anticipazione dell’indennità in caso di attivazione di un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo di disoccupazione.
L’erogazione anticipata non dà diritto alla contribuzione figurativa e all’assegno per il nucleo familiare.
Naspi: cosa succede quando si ha un nuovo lavoro a termine
Per il lavoratore che durante il periodo di fruizione della Naspi trova un nuovo lavoro con contratto a tempo determinato di durata inferiore o pari a 6 mesi, se il reddito annuo della nuova attività è superiore a 8.000 € oppure è inferiore ma non viene comunicato all’Inps per ottenere il cumulo parziale, la Naspi viene sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie per la durata del rapporto di lavoro.
Al termine del contratto a tempo determinato la Naspi viene ripristinata d’ufficio e pagata per il periodo residuo.
Per il lavoratore che trova un nuovo lavoro con contratto a tempo determinato di durata inferiore, pari o superiore a 6 mesi, se il reddito annuo della nuova attività è inferiore a 8.000 € e viene comunicato all’Inps entro 30 giorni, la Naspi continuerà a essere corrisposta, seppur in misura ridotta.
Naspi: cosa succede quando si avvia un’attività autonoma
Il lavoratore che percepisce la Naspi e avvia un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, da cui prevede di ottenere un reddito inferiore al limite utile per la conservazione dello stato di disoccupazione, deve informare l’Inps entro 1 mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo presunto.
La Naspi verrà ridotta di un importo pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di produrre nel periodo che va dalla data di inizio dell’attività alla data di termine della Naspi oppure, se tale termine è antecedente, alla fine dell’anno. La riduzione è poi ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
La contribuzione obbligatoria versata in relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo ad accredito di contributi nella posizione assicurativa del lavoratore.
Dis coll: che cos’è e a chi spetta
La dis coll è una indennità mensile di disoccupazione per i lavoratori parasubordinati, iscritti esclusivamente alla gestione separata, che hanno perso involontariamente il lavoro.
La dis coll spetta a:
- collaboratori coordinati e continuativi (i cosiddetti co.co.co), anche con contratto a progetto;
- collaboratori delle pubbliche amministrazioni;
- assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio.
La dis coll spetta a chi:
- è in stato di disoccupazione, al momento della presentazione della domanda;
- ha almeno 3 mesi di contributi, nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente quello della fine del rapporto di lavoro alla data della perdita del lavoro.
Non hanno diritto alla dis coll:
- collaboratori pensionati;
- titolari di partita Iva, al momento della presentazione della domanda;
- amministratori, sindaci o revisori di società, di associazioni e altri enti, con o senza personalità giuridica.
Dis coll: la domanda
Per ottenere la dis coll, il lavoratore deve presentare la domanda entro 68 giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione, di assegno di ricerca o di dottorato di ricerca con borsa di studio, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
La dis coll spetta a partire dall’8° giorno successivo alla cessazione del contratto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’8° giorno, o dal 1° giorno successivo alla data di presentazione della domanda, se inoltrata successivamente all’8° giorno.
Dis coll: l’importo e la durata
La dis coll viene riconosciuta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contributi accreditati nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente quello della fine del rapporto di lavoro alla data della perdita del lavoro. La dis coll è calcolata in base al reddito imponibile che risulta dai versamenti contributivi, derivanti da rapporti di collaborazione, effettuati nell’anno in cui si è verificato l’evento di cessazione dal lavoro e nell’anno precedente.
• Se il reddito medio mensile è uguale o inferiore a un importo stabilito annualmente dalla legge, la dis coll è pari al 75% del reddito stesso;
• Se il reddito medio mensile è superiore a un importo stabilito annualmente dalla legge, la dis coll è pari al 75% di tale importo, sommato al 25% della differenza tra il reddito medio mensile e tale cifra.
L’importo della dis coll si riduce del 3% ogni mese, a partire dal 1° giorno del 4° mese di fruizione (cioè dal 91° giorno).
L’importo non può superare in ogni caso un importo mensile massimo stabilito annualmente.
La dis coll è corrisposta mensilmente e non può superare la durata massima di 6 mesi.
Per il calcolo della durata non sono considerati i periodi contributivi per i quali sono già state riconosciute prestazioni di disoccupazione.
Dis coll: quando si perde il diritto
Il lavoratore non ha più diritto alla dis coll nei seguenti casi:
- perdita dello stato di disoccupazione;
- mancata regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti;
- mancata ricerca attiva di una occupazione e rifiuto di un’offerta di lavoro congrua;
- inizio di un’attività lavorativa subordinata con contratto di lavoro di durata superiore a 5 giorni;
- inizio di un’attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di un’attività parasubordinata senza aver provveduto, entro 30 giorni, alla comunicazione del reddito annuo previsto;
- raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
- accoglimento della domanda di assegno ordinario di invalidità, (a meno che il lavoratore non scelga di continuare a prendere la dis coll, se risulta più conveniente).
Dis coll e contributi
Per i periodi di utilizzo della dis coll non sono riconosciuti i contributi figurativi.
Dis coll: cosa succede quando si ha un nuovo lavoro subordinato
Per il lavoratore che ha la dis coll e trova una nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, della durata pari o inferiore a 5 giorni, l’indennità viene sospesa d’ufficio. Al termine del contratto, la dis coll viene ripristinata d’ufficio e pagata per il periodo residuo.
Il lavoratore che trova una nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato, della durata superiore a 5 giorni, perde il diritto alla dis coll.
Dis coll: cosa succede quando si avvia un’attività autonoma o una collaborazione
Il lavoratore che ha la dis coll può intraprendere un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale oppure un’attività di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto.
In questo caso, se il lavoratore prevede di ottenere un reddito inferiore al limite utile per la conservazione dello stato di disoccupazione, deve informare l’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività o dalla data di presentazione della domanda di dis coll se l’attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo presunto.
L’importo della dis coll verrà ridotto di un importo pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di percepire, nel periodo che va dalla data di inizio dell’attività autonoma o di collaborazione alla data di termine della dis coll o, se antecedente, alla fine dell’anno. La riduzione è poi ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
In caso di mancata comunicazione del reddito, il lavoratore perde il diritto alla dis coll, a partire dalla data di inizio dell’attività lavorativa autonoma, di impresa individuale o di collaborazione.
Dis coll: cosa succede in caso di lavoro occasionale
Il lavoratore che ha la dis coll e effettua prestazioni di lavoro occasionale, può cumulare la dis coll con i compensi che ne derivano fino a un massimo di 5.000 € all’anno.
In questo caso, il lavoratore non è tenuto a comunicare alcun reddito all’Inps.
Disoccupazione agricola: che cos’è e a chi spetta
La disoccupazione agricola è un’indennità che spetta agli operai che lavorano in agricoltura, iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli.
Possono richiedere la disoccupazione agricola:
- operai agricoli a tempo determinato;
- piccoli coloni;
- compartecipanti familiari;
- lavoratori agricoli proprietari di piccoli appezzamenti di terreni iscritti negli elenchi nominativi per meno di 51 giornate; questi lavoratori possono riscattare, a integrazione, le giornate di lavoro effettuate nel proprio terreno, per raggiungere il diritto alla disoccupazione.
- operai agricoli a tempo indeterminato che lavorano per parte dell’anno.
Hanno diritto alla disoccupazione agricola anche le lavoratrici madri che si dimettono nel corso del periodo di puerperio.
Per aver diritto alla disoccupazione agricola è necessario:
- essere iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli relativi all’anno per il quale è richiesta la disoccupazione;
- avere 2 anni di anzianità assicurativa;
- avere almeno 102 contributi giornalieri nel periodo che va dall’anno per il quale è richiesta la disoccupazione all’anno precedente.
La disoccupazione agricola non spetta a:
- lavoratori iscritti a gestioni autonome (artigiani, commercianti, coltivatori diretti) o gestione separata per l’intero anno;
- lavoratori iscritti a gestioni autonome o gestione separata per una parte dell’anno, quando il numero delle giornate di iscrizione è superiore al numero di giornate di lavoro dipendente agricolo;
- lavoratori già titolari di pensione diretta al 1° gennaio dell’anno per cui si chiede la disoccupazione agricola. Nel caso di pensionamento nel corso dell’anno, il numero delle giornate di disoccupazione agricola viene riproporzionato in base ai mesi di lavoro agricolo precedenti alla decorrenza della pensione;
- lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale;
- lavoratori che si dimettono volontariamente.
Disoccupazione agricola: la domanda
Per ottenere la disoccupazione agricola il lavoratore deve presentare la domanda entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui ha lavorato, altrimenti perde il diritto.
Per l’invio della richiesta è possibile rivolgersi presso il nostro Studio.
Disoccupazione agricola: l’importo e la durata
L’importo giornaliero della disoccupazione agricola ammonta al 40% della retribuzione più alta tra le seguenti:
- retribuzione stabilita dal contratto collettivo provinciale di categoria;
- retribuzione concordata individualmente tra datore di lavoro e lavoratore;
- minimale valido per la generalità dei lavoratori.
Dall’importo viene detratto il 9% per ogni giornata di disoccupazione agricola erogata a titolo di contributo di solidarietà. Questa trattenuta viene effettuata per un massimo di 150 giorni.
Per gli operai agricoli a tempo indeterminato la disoccupazione agricola ammonta al 30% del salario effettivamente percepito. La trattenuta per il contributo di solidarietà non viene applicata.
La disoccupazione agricola è riconosciuta in base al numero di giornate effettivamente lavorate nell’anno di riferimento, così come riportate negli elenchi nominativi degli operai agricoli dipendenti. Tale numero non può, comunque, essere superiore alla differenza tra 365 giorni e le giornate di effettiva occupazione – in attività agricola e non agricola – prestate nell’anno di riferimento.
Non viene corrisposta la disoccupazione agricola per le giornate relative a particolari eventi coperti da altre prestazioni economiche di carattere previdenziale, quali malattia, maternità, infortunio sul lavoro, etc.
Disoccupazione agricola e contributi
Per i periodi di disoccupazione agricola è riconosciuta la contribuzione figurativa.
Le giornate per cui vengono riconosciuti i contributi figurativi sono utili per la pensione.
Disoccupazione agricola e assegni al nucleo familiare
Al momento della presentazione della domanda di disoccupazione agricola è possibile chiedere anche l’assegno per il nucleo familiare (anf), entro 5 anni a partire dall’anno a cui si riferisce la richiesta).
L’Inps paga l’assegno per il nucleo familiare in base all’importo della disoccupazione agricola e, solo per gli operai agricoli a tempo determinato, in base all’attività lavorativa prestata (giornate di iscrizione negli elenchi anagrafici).
L’anf spetta per l’intero anno agli operai agricoli a tempo determinato (otd), iscritti negli elenchi nominativi per almeno 101 giornate di lavoro all’anno, anche se non hanno diritto alla disoccupazione agricola.
I requisiti relativi al reddito e alla composizione del nucleo familiare per ottenere l’assegno per il nucleo familiare sono gli stessi previsti per i lavoratori dipendenti.
Indennità di mobilità: che cos’è e a chi spetta
L’indennità di mobilità è un trattamento di disoccupazione, una prestazione a sostegno del reddito, riconosciuta ai lavoratori dipendenti di imprese industriali, diverse da quelle edili, in caso di licenziamento collettivo per cessazione di attività aziendale o per riduzione di personale.
Questa prestazione è valida soltanto per chi ne è già beneficiario in mobilità. Dal 1° gennaio 2017 è stata cancellata e quindi non può più essere richiesta.
Indennità di mobilità e attività lavorativa
Per i titolari di indennità di mobilità al 30 dicembre 2016 è prevista la sospensione della prestazione in caso di rioccupazione a tempo determinato e la liquidazione anticipata per intraprendere un’attività di lavoro autonomo.
In particolare:
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e accetta una offerta di lavoro subordinato a tempo determinato o part time mantiene l’iscrizione alla lista di mobilità. L’indennità di mobilità verrà sospesa per tutta la durata del rapporto di lavoro (massimo 12 mesi). L’inizio dell’attività deve essere comunicata all’Inps entro 5 giorni. Se non invia la comunicazione o lo fa oltre i termini, il lavoratore viene cancellato dalla lista di mobilità e perde il diritto al resto dell’indennità di mobilità;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e inizia un nuovo lavoro con contratto a tempo pieno e indeterminato viene cancellato dalla lista di mobilità e perde il diritto all’indennità di mobilità, a partire dalla data di assunzione;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità e avvia un’attività autonoma o si associa in cooperativa può chiedere il pagamento anticipato dell’indennità di mobilità per il periodo residuo;
- il lavoratore che ha l’indennità di mobilità può intraprendere un’attività autonoma o attivare una collaborazione coordinata e continuativa. In questi casi, se il reddito guadagnato rientra nel limite fissato per conservare lo stato di disoccupazione(8.000 € per le collaborazioni e 4.800 € per il lavoro autonomo), il reddito si può cumulare con l’indennità di mobilità, fino a raggiungerela retribuzione che spettava al lavoratore nel momento in cui era stato messo in mobilità. Entro 5 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa autonoma, il lavoratore deve comunicare all’Inps il reddito che prevede di ottenere nel corso dell’anno solare e, al termine dell’anno solare (entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi), dovrà fornire riscontro in merito al reddito effettivamente ottenuto. L’Inps, procederà all’eventuale conguaglio delle somme spettanti o al recupero delle somme pagate in più rispetto alla retribuzione che spettava al lavoratore nel momento in cui era stato messo in mobilità. Il superamento del limite annuale causa, invece, la cancellazione dalla lista di mobilità e la perdita dell’indennità dalla data di inizio dell’attività lavorativa perché è venuto a mancare lo stato di disoccupazione.
Cassa integrazione salariale (Cig): che cos’è
La cassa integrazione salariale (Cig) è un ammortizzatore sociale che sostituisce e/o integra la retribuzione dei lavoratori dipendenti (compresi gli apprendisti ed esclusi i dirigenti e i lavoratori a domicilio) sospesi o a orario ridotto perché occupati in aziende in situazione di difficoltà produttiva, impegnate in processi di riorganizzazione o con contratti di solidarietà.
La domanda viene presentata all’Inps direttamente dal datore di lavoro.
Esistono due tipologie: la cassa integrazione ordinaria e la cassa integrazione straordinaria.
Cassa integrazione salariale (Cig): l’importo
La cassa integrazione salariale (Cig) è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore se avesse continuato a lavorare e viene riconosciuta per le ore di lavoro non prestate (per un massimo di 40 ore settimanali). Generalmente, la Cig viene pagata dal datore di lavoro o, in caso di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’azienda, direttamente dall’Inps.
Cassa integrazione ordinaria (Cig): compatibilità con il lavoro
Il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di cassa integrazione salariale (Cig):
- deve comunicarlo subito all’Inps (valgono anche le comunicazioni obbligatorie rilasciate direttamente dal datore di lavoro);
- non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate, anche se l’attività era iniziata prima del collocamento del lavoratore in cassa integrazione.
Per i periodi di cassa integrazione vengono riconosciuti d’ufficio i contributi figurativi.
Indennità di malattia per i lavoratori dipendenti: che cos’è e come funziona
L’indennità di malattia sostituisce la retribuzione, per i lavoratori dipendenti e gli apprendisti, durante le assenze per malattia per le quali si è impossibilitati – totalmente o parzialmente – a lavorare.
L’indennità di malattia è riconosciuta per un massimo di 180 giorni nell’anno solare.
Si ha diritto all‘indennità di malattia:
- fin dal primo giorno di lavoro;
- per tutta la durata del rapporto di lavoro;
- per 60 giorni successivi alla sospensione o cessazione del rapporto di lavoro (in tal caso l’importo è ridotto a 2/3 della misura normale).
Indennità di malattia: cosa deve fare il lavoratore?
Nei casi di assenza per malattia, il lavoratore deve:
- recarsi dal proprio medico curante che invierà direttamente all’Inps il certificato medico; in caso di ricovero, lo rilascerà la struttura sanitaria;
- rimanere presso il domicilio indicato nel certificato medico, per l’eventuale controllo fiscale, per tutti i giorni di durata della malattia:
- lavoratori del settore privato – dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19;
- lavoratori del pubblico impiego – dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18.
Se l’assenza nelle fasce orarie di reperibilità è legata a patologie e situazioni particolarmente gravi come, ad esempio, quelle che richiedono terapie salvavita, il lavoratore dipendente, sia privato che pubblico, non è tenuto a rispettarle.
Indennità di malattia: l’importo
Per la maggior parte dei settori lavorativi, l’importo dell’indennità di malattia è pari:
- al 50% della retribuzione media giornaliera del mese precedente all’inizio della malattia, per i primi 20 giorni;
- al 66,66% della retribuzione media giornaliera del mese precedente all’inizio della malattia, per i giorni successivi al 20°.
I contratti collettivi di lavoro prevedono quasi sempre che le percentuali siano integrate dal datore di lavoro, fino a garantire il 100% della normale retribuzione.
Per i primi 3 giorni di assenza dal lavoro, l’indennità di malattia è a carico del datore di lavoro. Dal 4° giorno in poi, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro ma è a carico dell’Inps.
L’indennità di malattia è invece pagata direttamente dall’Inps per:
- lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati;
- lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che hanno effettuato meno di 31 giorni di lavoro nei 12 mesi precedenti all’evento morboso, oppure che hanno svolto un periodo di lavoro inferiore ai periodi di malattia;
- lavoratori disoccupati o sospesi senza trattamento di Cassa integrazione guadagni (Cig);
- lavoratori dipendenti da impresa in procedura di fallimento.
Indennità di malattia per iscritti alla gestione separata
Indennità di malattia per i lavoratori iscritti alla gestione separata: come funziona
L’indennità di malattia spetta anche ai lavoratori iscritti alla gestione separata, non pensionati e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
L’indennità di malattia spetta al lavoratore che:
- ha almeno 3 mesi di contributi accreditati nei 12 mesi che precedono l’inizio della malattia;
- nei 3 mesi, ha avuto un reddito individuale, con contributi versati nella gestione separata, non superiore al 70% del massimale contributivo rivalutato ogni anno.
L’indennità di malattia è riconosciuta per un massimo di giorni pari a 1/6 della durata complessiva del rapporto di lavoro (61 giorni nell’anno solare) e per un periodo non inferiore a 20 giorni nell’arco dell’anno solare, a esclusione delle malattie di durata inferiore a 4 giorni.
Indennità di malattia per iscritti alla gestione separata: l’importo
L’indennità di malattia è calcolata applicando le seguenti percentuali all’importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo relativo all’anno in cui ha avuto inizio la malattia:
- 4% se risultano accreditati da 3 a 4 mesi di contributi;
- 6% se risultano accreditati da 5 a 8 mesi di contributi;
- 8% se risultano accreditati da 9 a 12 mesi di contributi.
Indennità di malattia per iscritti alla gestione separata: cosa deve fare il lavoratore?
Nei casi di assenza per malattia, il lavoratore deve:
- recarsi dal proprio medico curante che invierà direttamente all’Inps il certificato medico;
- rimanere presso il domicilio indicato nel certificato medico, per l’eventuale controllo fiscale, per tutti i giorni di durata della malattia dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.
Per ottenere l’indennità di malattia il lavoratore può rivolgersi alla sede Inas Cisl più vicina per presentare la domanda.
Indennità di malattia per iscritti alla gestione separata: malattie oncologiche e gravi patologie croniche
Per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata, i periodi di malattia, certificata come legata a cure per malattie oncologiche o di gravi patologie cronico-degenerative o che comunque comportano una inabilità lavorativa temporanea del 100%, prevedono un trattamento uguale a quello previsto per la degenza ospedaliera.
In sostanza, cambiano i tempi per la presentazione della certificazione sanitaria e della domanda per ottenere l’indennità di malattia, la durata della tutela (da un massimo di 61 giorni annui a un massimo di 180 giorni annui) e l’ammontare del trattamento economico.
Indennità di malattia per iscritti alla gestione separata: versamenti dei contributi in caso di malattia o infortunio grave
Se il lavoratore è vittima di una malattia o di un infortunio così grave da impedirgli di lavorare per oltre 60 giorni, può sospendere il versamento dei
contributi e dei premi assicurativi per l’intera durata della malattia o dell’infortunio, fino a un massimo di 2 anni, trascorsi i quali è tenuto a pagare quanto maturato in un numero di rate mensili pari a 3 volte i mesi di sospensione.
Per presentare la domanda di indennità di malattia rivolgiti alla sede Inas Cisl più vicina.
Indennità di malattia per ricovero ospedaliero per iscritti alla gestione separata
I lavoratori iscritti alla gestione separata, non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, hanno diritto a una indennità in caso di ricovero ospedaliero, in strutture pubbliche o private, accreditate dal servizio sanitario nazionale oppure presso strutture ospedaliere estere da questo autorizzate o riconosciute.
L’indennità di malattia per ricovero ospedalierospetta al lavoratore che:
- ha almeno 3 mesi di contributi accreditati nei 12 mesi che precedono l’inizio del ricovero;
- nell’anno solare che precede l’inizio del ricovero, ha avuto un reddito individuale, con contributi versati nella gestione separata, non superiore al 70% del massimale contributivo rivalutato ogni anno.
L’indennità di malattia,in questo caso, spetta per un massimo di 180 giorni nell’anno solare ed è calcolata applicando le seguenti percentuali sull’importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo valido per l’anno solare nel quale ha avuto inizio l’evento:
- 8% se risultano accreditati da 3 a 4 mesi di contributi;
- 12% se risultano accreditati da 5 a 8 mesi di contributi;
- 16% se risultano accreditati da 9 a 12 mesi di contributi.